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Noi ragazzi della didattica a distanza

Come passa le giornate un 13enne in quarantena, tra la scuola a distanza e gli allenamenti in solitaria

Per mio nipote 13enne, telefonare vuol dire video-chiamare, metterci la faccia.

Dunque non stupisce che si sia adattato fin da subito alla DAD, la didattica a distanza che, nel caso della sua scuola, gli permette di mettercela la faccia, nelle video-lezioni.

L’aspetto che più salta all’occhio, tra i giovani più attrezzati dotati di PC o tablet, cellulare e wifi senza limiti, è che a usare gli occhi questi adolescenti ci sono abituati. Ore e ore davanti a schermi di cellulari e tablet che non si sa bene cosa racchiudano (lo scorso Natale mio nipote mi ha mostrato come costruirsi casa dal cellulare, compresa la scelta accurata dei materiali) sembrano averli preparati alla DAD.

Mio nipote 13enne, in questo periodo di isolamento, ricade tra chi ha la fortuna di possedere un fratello, un cortile, la PlayStation: “amo giocare con la PlayStation o andare nel mio cortile ad allenarmi e a giocare a calcio con mio fratello”. Poi forse si ricorda che faccio l’insegnante, perché aggiunge: “però devo anche studiare”.

Le cose che più gli mancano, in questa fase di lockdown, le individuo subito quando mi dice che: “amavo allenarmi durante le sessioni di allenamenti, trascorrere ore con i miei amici”.

Ma i giovani hanno un potere di adattamento da non sottovalutare: “io a casa ci sto bene, ormai mi sono abituato, i primi giorni sono stati difficili, ma adesso riesco a reggerli molto facilmente, anche divertendomi durante la giornata.”

Sanno ri-adattarsi nei modi della socialità: “faccio video-chiamate con i miei amici, per parlare e per fare alcuni compiti assieme. In questo momento li chiamo molto più spesso di prima.” E inoltre: “qui a casa puoi giocare con loro ai videogame”.

Non da ultima, c’è la possibilità di stare più tempo con i propri cari: “mi sento abbastanza rilassato, perché posso trascorrere più tempo con la mia famiglia”.

Incuriosita, mi chiedo come sia cambiata la sua giornata-tipo: “mi sveglio verso le 7:30, faccio lezione dalle 9 alle 13. Poi vado a pranzare e in seguito mi guardo un po’ di  TV, per poi fare i compiti e studiare. Alle 17 vado a farmi un po’ di allenamento in cortile, per poi, verso le 19, usare un po’ di PlayStation. Alle 20 ceno, mi guardo un film e vado a letto.”

Sembra tutto come prima – tranne per la scuola che avviene su piattaforme a distanza: “alle 8.56 mi collego già su Zoom per la prima lezione, dove i prof ci spiegano e poi ci mettono i compiti su un nuovo allegato su Classroom. Faccio lo stesso procedimento per ogni lezione, entro sempre 3 minuti prima, per essere pienamente puntuali.”

Il senso di responsabilità che sa creare la DAD – quei 3 minuti prima per non arrivare tardi.

Mio nipote è entusiasta della DAD: “personalmente mi trovo molto bene con questo programma e a casa faccio i compiti super rilassato e senza fretta per farne altri”.

Questione di carattere, di modalità con cui ogni alunno affronta il processo di  apprendimento. Sarà poi che le sue materie preferite sono tecnologia informatica e coding?

Gli chiedo se per caso non preferirebbe lezioni un po’ diverse, in cui discutere della salute, della globalizzazione, dell’economia, del digitale. Anche se si aspetta che prima o poi qualche prof ne vorrà discutere, la sua risposta tradisce un bisogno di routine-sicurezza: “non vorrei parlare di quello che succede ora, perché mi mette ansia”. Nonostante mio nipote abbia trovato un suo ritmo, nel passare le giornate, nel vivere al meglio questo tipo di scuola, ammette che “a volte sono molto teso, perché ho paura di questo Coronavirus”.

Come non aver paura dell’imprevedibile?

Leggevo stamani le riflessioni dello psicologo-scrittore Alberto Simone, che suggeriva di tenere a mente, in questo momento particolare, l’impermanenza, concetto di origine orientale: “in natura, tutto ha un inizio, uno svolgimento e una fine. Il tempo che stiamo vivendo, domani diventerà un ricordo, lo racconteremo come succede a chi ha vissuto la guerra.”

Tutto cambia, niente è permanente. Quel che conta, è trovare il nostro modo personale per “stare dentro il flusso del cambiamento”.

A mio nipote 13enne, che oltre all’informatica ama la storia – “perché mi piace molto sapere quel che è successo ai nostri antenati o ai nostri nonni o bisnonni” -, a suo fratello 11enne altro mio nipote, a tutti i giovani con un futuro in cui imprimere la loro storia personale, auguro l’equilibrio sereno dell’impermanenza e il coraggio di vivere il momento presente, qui e ora, aspettando che si faccia Storia.

Qui un video divertente sulle meraviglie della DAD, a cura del prof scrittore Enrico Galiano: https://www.youtube.com/watch?v=slqtMKhXsSk

E tu che leggi, se hai figli o nipoti, come stanno vivendo questa scuola a distanza? Puoi scriverlo in un commento qui sotto! 🙂

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1 Comment

  1. Grazie Verusca!
    Semplicemente grazie…


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